21 febbraio. CHRISTCHURCH

Toccato il punto più a sud del nostro giro della Nuova Zelanda,  è iniziata la risalita verso Christchurch e al tempo stesso l’ultima settimana di vacanza agli antipodi.

Abbiamo goduto di giornate piene di sole,  qui nel Sud,  un sole che ha esaltato la bellezza di tutti i luoghi che abbiamo visto sia quelle dove ci siamo soffermati che quelli dove siamo stati solo di passaggio.

Terre aride alternate a boschi, colline senza fine,  laghi incastonati fra montagne che vi si specchiano,  il fiordo del Milford Sound dove l’acqua del mare di Tasmania s’insinua per chilometri in mezzo alle montagne, le catene montuose sulle cui cime la neve ricorda che questo paese tanto lontano ha tante cose in comune con l’Italia.

A Dunedin la  nebbia sulle alture intorno alla città si dissolve non appena tenta,  spinta dal vento, di arrivare al mare, quel vento che in spiaggia ci riempie di sabbia,  la stessa che placidi leoni marini  smuovono pigramente per rinfrescarsi dai raggi del caldo sole estivo,  raccontano che ci sono anche colonie di pinguini ma non ci è dato di vederne alcuno, forse non è l’ora giusta o forse si mostrano solo a pagamento,  visto che in alcuni siti ne garantiscono la visione dietro pagamento di una cospicua somma di dollari neozelandesi.

La città di Christchurch che raggiungiamo nel tardo pomeriggio ci lascia stupiti per l’aria di distruzione che ancora ne pervade il centro devastato da un pauroso terremoto che nel 2011 provocò ingenti danni materiali e ben 181 vittime.

Vedi le immagini del campanile accanto alla cattedrale e guardi il vuoto che vi è ora al suo posto,  la cattedrale accartocciata su se stessa,  i piccioni albergano al suo interno,  edifici sventrati accanto a costruzioni nuovissime, il terremoto ha generato una desolazione che è difficile raccontare.

La sensazione è di abbandono, ma al tempo stesso i profili delle gru testimoniano che si intende ricostruire; tuttavia al momento prevale il vuoto che non bastano i palazzi di banche e assicurazioni a riempire,  non esiste più un centro storico,  una via dove la gente passeggia tra vetrine di negozi, di giorno vi è una animazione che, via i turisti e chiusi gli uffici, lascia il posto ad una solitudine che invano cercano di colmare i pochi locali che hanno riaperto.

Intanto Giuseppe e Leo si godono il concerto di Bruce Springsteen, nessun biglietto rimediato all’ultimo minuto, a me non resta che andare alla ricerca di cibo, stasera la bottiglia di vino mi parrebbe esagerata.

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