9 dicembre. BOGOTA

L’ultima volta che fui in sudAmerica, era il 2013, persi la macchina fotografica dopo pochi giorni di viaggio in Argentina; in Colombia, ieri, ho provato a fare di meglio.

Il viaggio era stato tranquillo, altrettanto l’impatto con l’aeroporto di Bogotà, formalità di frontiera ridotte al minimo quindi veloci, nulla a che fare con le procedure urticanti di certi Paesi “sviluppati”, per andare tranquillamente in albergo prendo un taxi e in una ventina di minuti giungo a destinazione. Ora penso che se avessi preso un bus la serata avrebbe preso tutta un’altra piega.

Infatti non faccio in tempo ad entrare nella casa-hotel dove vorrei fiondarmi a letto che mi si gela il sangue: lo zainetto è rimasto sul sedile del taxi!

Invano usciamo in strada, il taxi si è ormai dileguato con lo zainetto e il suo prezioso contenuto: parte del denaro in contanti, il tablet, il lettore mp3, vari caricabatterie, due paia di occhiali, una chiavetta usb, infine la immancabile macchina fotografica.

Insomma, un bel guaio.

Che fare?

Il padrone di casa e il custode si prodigano, arriva la polizia, occorrerebbe rintracciare il taxi, ma in una città dove mi dicono esserci migliaia e migliaia di taxi come puoi trovare il tuo, che hai preso in coda appena fuori l’aeroporto?

Quando mi dicono che solo un miracolo può farmi recuperare le mie cose vedo nero e penso sia ora di riflettere sull’opportunità di cambiar vita, darmi alle bocce piuttosto che a girare per il mondo seminando macchine fotografiche.

Poi al custode viene un’idea: perché non provare a tornare sul luogo dove è iniziato tutto, la coda dei taxi in aeroporto, sperando di trovare il taxista o che qualcuno lo conosca tra i suoi colleghi?

Così chiamano un taxi, un ragazzo giovane e sveglio ci accompagna in aeroporto, si scopre subito che esiste una telecamera di sicurezza che riprende esattamente il luogo dove sono stato caricato dal taxista e che le attività dei vari tassisti sono coordinati da una società i cui addetti si trovano in loco.

Con l’aiuto indispensabile di una poliziotta in servizio chiediamo di verificare il filmato e, nel giro di qualche decina di minuti si scopre qual è il numero del taxi che mi ha caricato.

Passi avanti, però manca l’ultimo pezzo: recuperare il malloppo.

Gli addetti della società che gestisce i taxi sostengono che il tassista non è reperibile ma, adeguatamente sollecitati dalla polizia, assicurano che la mattina successiva saranno certamente in grado di parlare con la persona in questione invitandoci a ritornare.

Ci avviamo sulla strada del ritorno ma non facciamo in tempo ad arrivare a destinazione che suona il telefono e ci viene comunicata la lieta notizia: lo zainetto è stato ritrovato con tutto integro il suo contenuto, il miracolo si è compiuto, il viaggio può proseguire.

Sono passate sei ore, le prime in Colombia: non le avevo immaginate così.